Cosa è successo a Papo il 22 agosto?

 

Ciao Papo,

questo messaggio è per tutti i Dottori in cardiologia che hanno seguito e studiato il tuo cuoricino in questi anni, dai quali desidero ricevere una risposta, ben conscio del fatto che a quel cuoricino poteva succedere qualsiasi cosa, comunque e ovunque, in qualsiasi momento, anche seduto comodo sul divano o a letto nel sonno. Ciò nonostante, io ho dei “Perché?” da domandare, anche se temo di sapere già le risposte che (purtroppo o per fortuna) noi non abbiamo, nemmeno i medici, e sono nascoste nel mistero della formula magica della Lasagna e in quel qualcosa che trascende da ciò che possiamo spiegarci. So già da me che ogni domanda non ha senso. Perché un senso a noi razionalmente comprensibile non c’è, a prescindere. C’è solo da carezzare picchi e solcare abissi di tempo, spazio e dio po… anche se è più corretto dire: puttana la genetica! Scusa Papo se mi è scappata questa brutta parolaccia, ma siamo tra ragazzi che si guardano in faccia senza mandarsele a dire, giusto?

La tua pediatra ieri l’altro leggeva il tuo libretto e rideva e piangeva insieme, ed è solo riuscita a dirmi: “I vecchi dicevano che il cuore è traditore…”. Già in altre lettere ho accennato a quanto ti è accaduto, nonostante sembrassi scoppiare di salute: sveglia, pastiglie, colazione, stimolo della cacca, 2/300 metri di leggera salitina in bici, ICD rileva battito a 150, “Papà mi scappa la cacca!”, qualche passo, svenimento, respironi ciechi, bavetta bianca dalla bocca, morte. Non proprio attestata lì sul posto, ma lì si sono formati i danni cerebrali irreversibili che hanno decretato la tua sentenza terrena senza appello.

Quello che io so, Papo, è che sei stato colto da un “arresto cardiaco da dissociazione elettromeccanica”. L’ICD impiantato nel tuo petto (metà pace pacemaker, metà defibrillatore) ha riscontrato alle 9.26 di lunedì 22 agosto che il tuo battito cardiaco è salito a 150. La parte pacemaker è intervenuta per regolarizzare il battito, la parte defibrillatore non è mai entrata in funzione, perché il tuo cuore non era in fibrillazione ventricolare, ma era completamente fermo nonostante avesse ritmo. “Dissociazione elettromeccanica indica la presenza di depolarizzazioni elettriche organizzate, non accompagnate da contrazioni meccaniche. I meccanismi primari sono rottura di cuore, tamponamento cardiaco, ischemia generalizzata, IMA, trombi o tumori intracardiaci ostruttivi e insufficienza cardiaca cronica“.

Cazzo, Papo, senza se e senza ma, da un secondo con l’altro ti si è letteralmente rotto il cuore. Tra campeggio, ambulanza, pronto soccorso e ospedale, mentre ti attaccavano a eCMO, la macchina che ha tenuto vivo il tuo corpo per altri due giorni, sei stato massaggiato manualmente per più di due ore. La tua malattia (HCM cardiomiopatia ipertrofica restrittiva, ndr), oltre a ridurre il diametro del setto, rende il cuore poco elastico, per oltre due ore è stato massaggiato un sasso che non si voleva e non si poteva comprimere, non un cuore. Sono andati avanti per più di due ore, perché si trattava di un bambino, si trattava di te, Papo, ma ormai – e probabilmente subito, nei primi minuti – i danni cerebrali e poi anche agli organi interni erano irreversibili. Adesso tutte queste spiegazioni complicate posso fartele, Papo, poi tu ascoltale o no, se sei preso. Prima, fino a quando eri qui con noi, non potevo e non dovevo, perché tu dovevi solo fare il tuo, con tutta la spensieratezza e il coraggio possibile -certo senza correre ma non ti pesava così tanto. La tua strabiliante fantasia ti faceva inventare mille giochi e non ti annoiavi mai.

Arresto cardiaco da dissociazione elettromeccanica. Alle 9.26 di lunedì 22 agosto il tuo cuore, Papo, sale a 150 battiti. Da lì alla fine del tuo passaggio terreno, è stata questione di attimi. Eri bradicardizzato da Atenololo, le aritmie erano tenute a bada da Cordarone e, in porta, a parare l’imprevedibile, avevi ICD. Così hai vissuto per quasi tre anni. Da piccolo era tutto ok, solo un soffio al cuore e quindi ogni sei mesi un controllo cardiologico. Poi a tre anni la patologia è stata conclamata, hai cominciato a prendere il farmaco betabloccante per tre volte al giorno, senza accorgertene, nel latte di riso che ti piaceva tanto. La tua soglia di fatica era naturale, era il fiatone, che a te – nonostante le medicine – veniva prima che agli altri bambini. Sei stato sempre bene fino ai sette anni, fino alla sincope, probabilmente causata da

Lì, Papo, credo tu abbia pescato l’unico jolly a tua disposizione, uno su miliardi di possibilità, che ti ha mantenuto in questa vita terrena. L’operazione a Bergamo per metterti in sicurezza. Col tuo ICD impiantato nel petto sei diventato un po’ bionico, come Iron Man, così si dice ai bambini, e hai ripreso la tua normale vita fatta di giochi, scuola, amici e viaggi. Il tuo limite fisico era rimasto il fiatone. È andato tutto bene per oltre un anno, eri come tutti gli altri, nonostante tu fossi molto di più di tutti gli altri. Addirittura, senza fare gli scatti e senza fare corse prolungate, facevi ginnastica a scuola, eri anche arrivato terzo o quarto nel percorso a ostacoli, anche senza correre. Il 5 novembre dell’anno dopo, però, il tuo cuore ha da capo fatto il matto e ICD quella volta è riuscito a prenderti per un pelo, dopo un minuto di arresto cardiaco, perché l’aritmia si era manifestata in modo subdolo a una frequenza molto bassa che ICD non riusciva a riconoscere, poi una scarica violentissima, al voltaggio che si dà agli adulti, ti ha fatto rimanere da questa parte dell’infinito. Non ringrazierò mai abbastanza maestro Maurizio, che è l’unica persona, oltre me, ad averti soccorso e ad aver dovuto patire in prima persona quegli attimi così complicati. Tre giorni dopo, l’8 novembre, nel letto dell’ospedale di Niguarda il tuo cuoricino fece nuovamente il matto e a distanza di pochi minuti ICD tenne a bada altre due aritmie. Dopo quel ricovero, i tuoi limiti fisici si abbassarono ancora; la tua soglia non era più il fiatone ma proprio non dovevi correre né saltare né fare i tuffi, perché tra i 100 e i 120 battiti, praticamente al ritmo cardiaco basale di un bambino della tua età, nel tuo cuore si generavano delle ischemie, l’essere bradicardizzato dalle medicine ti concedeva solo l’agio di camminare. Il pool di dottori di Bergamo e di Firenze prese in seria considerazione anche di metterti in lista trapianti. Ma un cuore zero negativo è raro, il tuo nuovo cuore sarebbe stato il cuore di un altro bambino che non c’era più, il rigetto è un’eventualità probabile, il 90% dei bambini trapiantati va in dialisi per insufficienza renale o si ammala di tumore. Insomma il trapianto non è la panacea di tutti i mali, il trapianto ti avrebbe fatto vivere per mesi e mesi, forse anni, da malato, ospedalizzato, senza poter vedere nessuno, chiuso in ospedale.

E invece, in questi ventidue mesi, ti sei tolto ancora un sacco di soddisfazioni, giochi, bagni, tuffi, immersioni, gite, scuola, vacanze al mare e in montagna, sulla neve col bob, sull’erba col bob estivo, lasagne, pappardelle coi funghi, film, cinema, Deadpool, canzoni, il centro estivo, il negozio delle carte dove andavi a giocare a Magic con i grandi nerds e dove adesso a settembre avresti voluto fare il torneo. Avevi trovato la tua dimensione e quello che ti piaceva fare, e dove potevi gareggiare e vincere senza che nessuno ti dicesse di non correre. Hai camminato chilometri e chilometri a Riale al Toce, a Verona, in gita al “Bosco in città” con la scuola, insieme a tutti gli altri. Come tutti gli altri. Chissà se c’è ancora qualcuno che non crede che tu fossi, e per sempre sarai, un SuperEroe. Dovevi diventare grande con il tuo cuore, e ci credevamo o provavamo a crederci tutti, perché eri così pieno di voglia e stavi così bene che si faceva fatica a starti dietro. Se ce l’avessi fatta anche nella tua ultima battaglia, il passo successivo sarebbe stato il trapianto.

Ci eravamo fatti la bocca buona, Papo, eravamo sicuri che fino al periodo più critico, l’adolescenza, ci saresti arrivato tranquillamente e invece no, nulla di più di ciò che hai fatto decine di migliaia, miliardi di volte ti ha condannato per sempre. Realizzo che abbiamo vissuto proprio da illusi, con quel cazzo di cuore che non poteva diventare grande. Per com’è andata a finire, mi rendo conto che hai trascorso gli ultimi tre anni della tua vita appeso a un filo. Noi non pensavamo fossi così in pericolo, così a rischio. Certo, sapevamo che ti sarebbe potuta venire un’aritmia anche di notte, o mentre guardavi la tv, seduto comodo sul divano, ma ci eravamo illusi che la tua forza, sia d’animo sia fisica, e tutta la protezione che avevi addosso (tra medicine e ICD) ti rendessero immune. E invece, a sconfiggerti e ucciderti sono stati lo stimolo della cacca, dopo un latte schiumato e due bocconi di brioches, e un paio di centinaia di metri in bicicletta, in leggera salita.

Io, Papo, desidero tanto che qualcuno mi spieghi scientificamente cosa ti è successo quella maledetta mattina del 22 agosto. Abbiamo letto e sentito storie strazianti di bimbi cardiopatici, bimbi che non camminavano, non parlavano. Tu sei sempre stato bene, stavi meglio di tutti. Perché sei morto così, all’improvviso? Il dottore del Niguarda diceva che non dovevi fare nemmeno i tuffi e le apnee ma, secondo me, vedendoti ogni giorno, ne potevi fare a bizzeffe e non ti sarebbe mai successo niente. Negli sforzi da fermo, tipo sollevare pesi, anche se ti tenevamo sempre a bada, avevi una forza mostruosa, il tuo rapporto peso potenza era devastante, un piccolo Bruce Lee. Lo sforzo fatale della bicicletta invece è stato lo sforzo sbagliato nel momento sbagliato. “Con i se e con i ma non si fa la storia”, quella dannata mattina rappresenta una catena di eventi che non si può smontare. Io devo trovare pace per quella maledetta mattina, anche se continuo a pensare e ripensare che purtroppo qualcosa l’abbiamo sbagliato. Non lo saprò mai, non c’è controprova né appello. Doveva andare così? È andata così. È andata che ci hai lasciato così tanto, hai lasciato così tanti semi che io non posso far altro che farli germogliare tutti, farli vivere nel tuo Mito e raccontare la tua Leggenda.

 

Il Dottor Iacopo, uno dei cardiologi più bravi d’Italia e del pianeta intero, anche se è un ragazzo umile e non ha piacere che io dica così, ha inserito nelle sue slide il cammello con le corna. Sei già stato a un congresso a Pesaro e prossimamente sarai a Washington e continuerai a viaggiare per meeting nazionali e internazionali a fianco del dottor Iacopo, così da fargli ricordare sempre che, come dice lui stesso: “I cardiologi dappertutto iniziano a capire che non si tratta di malattie così rare… e bisogna conoscerle. Ma dobbiamo fare di più. Il senso di sconfitta è costante da Agosto… e le tue lettere mi tengono coi piedi per terra. Siamo tutti piccole api operaie; e pensiamo che quello che facciamo sia molto importante, ma come dici tu, dio e la lasagna, fanno poi come vogliono, no?!”.

È stata molto dura scriverti questa lettera Papo, è stato un po’ come confessarti che in tutti questi anni, tutti i regali che hai ricevuto a Natale non arrivavano proprio da Babbo Natale ma c’era sempre lo zampino mio e della mamma… Tu però non farci troppo caso e continua a correre, esplorare, imparare e divertirti e se incontri Babbo Natale salutamelo, è stato l’unico in cui ho creduto prima di conoscerti e Credere Ciecamente in te!

Papà

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