Morto a chi?

 

 

Ciao Papo,
ogni tanto mi capita di pensare che dovrei abbandonarmi meglio a dolore e disperazione, chiudermi in casa, vaffanculo a tutti e tutto e piangere e urlare, buttare fuori tutta la rabbia che ho dentro. Servirebbe? A me capita di pensare che servirebbe! Che sarebbe l’unica cosa sensata da fare in queste circostanze. Sono passati quasi cinque mesi da quando senza far valigie te ne sei andato, perché sei morto. Pochi cazzi, in questa minchia di vita fatta di risultati, competizione, lavoro e scuola tu Papo sei morto. Morto, morto, morto, morto, morto, morto. Jacopo è morto. Morto. Morto. Morto. Morto. E non ci sono battute, Lettere, canzoni e film che reggano l’inclemente confronto: Papo è morto. Morto e non ti rivedrò mai più. Morto e non ti abbraccerò mai più. Morto e non sentirò mai più parlare. Morto e vaffanculo tutta questa artefazione che ti fa sembrare ancora vivo. Ma sei morto. Cosa si fa quando ti muore un figlio? E chi cazzo lo sa? Non sono situazioni alle quali ti prepari. Non sono situazioni che dovrebbero esistere. Ad Aleppo sono tutti nella merda per i bombardamenti e muoiono bambini. Noi siamo quelli che vivono nella parte di mondo fortunato, però una fottutissima di malattia ha stroncato la vita del proprio figlio con la precisione chirurgica di un proiettile sparato da un cecchino a migliaia di metri di distanza dalla vittima. Probabilmente quella distanza era assai più breve e non ce ne volevamo rendere conto, viziati dal tuo Eroico benessere psico fisico, dal defibrillatore sottocutaneo che speravamo riparasse tutto e dalle medicine che davano agio al tuo cuore. Ad Aleppo si fanno i selfie tra le macerie? Qui tutti a manifestare la propria felicità, in ‘sto periodo poi… uno più sorridente dell’altro. No, non voglio trasferirmi ad Aleppo, è comunque meglio qui in mezzo a ‘sto mondo di coglioni. Non ci sei più Papo, cazzo ti scrivo a fare? Devo guardarmi intorno ed io senza di te vedo solo desolazione. Vedo che l’unica persona che meritava di vivere non c’è più. Vedo che l’unico scopo sensato della mia vita: farti diventare grande alla Grande, è stato spazzato via. Io voglio gridare e disperarmi peggio di Mario Merola ed invece non si può. Io e la tua Mamma siamo stati a casa da lavoro solo tre giorni dopo la tua morte. Totta ha bisogno di vivere in una famiglia serena ed equilibrata. Il vissuto della Mamma e delle sue sorelle le ha abituate al dolore. La piccola attività a conduzione familiare richiede che noi si stia tutti sul pezzo, nonostante tutto. La Mamma tiene botta andando a 200 all’ora tutto il giorno non fermandosi mai, per lei stessa, per Totta e forse anche per il rapporto tra lei e me. Tra qualche mese Mamma ed io saremo genitori da 11 anni anche se la tua vita terrena si è fermata a 10, diventeranno 12, 13, 20, 30, forse 40 e sarà sempre una pugnalata nel petto e nella schiena. Il coltello sarà sempre lo stesso e a brandirlo non c’è stata e non ci sarà mai nessuna mano, perché la nostra storia non ha colpevoli da additare se non quella nebulosa idealizzazione che mescola tutti insieme dio, destino, fato, sorte e caos. Genetica, si chiama Genetica il fottuto colpevole, a me è andata di culo Papo e a te di sfiga. Così è. La lama di quel dannato coltello pian piano, a continuare a martoriarci le carni, perderà il filo, si smusserà, si consumerà diventando prima spina, poi sassolino e quindi piuma che nostalgica ti carezza da dentro. Tu Papo così come hai sconfitto la morte per diventare Amore, sconfiggerai anche il dolore per diventare Speranza, Credo.
Sono passati oggi due anni dalla Strage al CharlieHebdo, scrivevo: è solo un problema di comunicazione tra culture diverse. Una ti ammala lentamente con i suoi fast food, l’altra con i suoi doner kebab; una ti ti terrorizza e uccide con la sua economia, l’altra predilige mannaia, mitra e kalashnikov; una stigmatizza tutto con la satira, l’altra se fai satira ti stigmatizza. (Me fanno una fottuta paura entrambe! Soprattutto quando qualcuno decide di contrapporle e metterle una contro l’altra). Sono tutti in questa cazzata che ho scritto i limiti e le colpe di noi uomini al di qua dell’Infinito. La nostra storia familiare invece non ha colpevoli, ha un astro da seguire per non smettere di Sognare.

Dice il Saggio: “Ciò che tratteniamo sparirà con noi, ma ciò che doneremo rimarrà nelle mani di tutti”. Ed io ho Papo ho imparato a regalarti al mondo perché lo rendi più Sano e Bello!
Papà

8 gennaio 2017

Lettera 117

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4 gennaio 2017

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1 gennaio 2017

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26 dicembre 2016

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24 dicembre 2016

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